La sentenza della corte d’assise di Palermo dopo 5 anni di processo. I giudici erano entrati in camera di consiglio lunedì scorso. Assolto l’ex ministro Nicola Mancino. Ventotto anni per il boss Leoluca Bagarella.
Cronaca italiana
20 aprile 2018 16:16
di Biagio Chiariello fonte fanpage.it
Dopo oltre 220 udienze, decine e decine di teste di accusa e difesa, una trasferta al Quirinale per consentire all'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di testimoniare e tantissime polemiche, si conclude il processo sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. I giudici di Palermo hanno condannato a 12 anni l'ex senatore di Forza ItaliaMarcello Dell’Utri e i generali Mario Mori e Antonio Subranni, otto anni invece all'ex ufficiale del Ros Giuseppe De Donno. Ventotto anni per il boss Leoluca Bagarella. I pm Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene avevano chiesto per lui una sentenza a 16 anni di carcere.
Dieci milioni di euro al CdM – Assolto l'ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza. Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso Vito, è stato condannato a otto anni per calunnia nei confronti dell’ex capo della Polizia Giovanni de Gennaro. Assolto invece dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Prescritte le accuse nei confronti del pentito Giovanni Brusca. La sentenza è stata pronunciata nell'aula bunker del carcere Pagliarelli nel capoluogo siciliano. Bagarella, il boss Antonino Cinà, Dell’Utri, Mori, Subranni e De Donno sono stati inoltre condannati al pagamento in solido tra loro di dieci milioni di euro alla presidenza del Consiglio dei ministri che si era costituita parte civile. Le motivazioni della sentenza arriveranno fra novanta giorni.
La sentenza dopo ore e ore di camera di consiglio – I giudici della Corte d'Assise di Palermo erano entrati in camera di consiglio lunedì scorso. Mentre la fase processuale è cominciata cinque anni fa. Il processo si è aperto su una presunta negoziazione tra importanti funzionari dello Stato italiano e rappresentanti di Cosa nostra finalizzata a fare cessare gli attentati e le stragi del 1992-93, che insanguinarono il Paese come i fatti di Capaci e Via D'amelio. Obiettivo: indurre lo Stato a piegarsi alle richieste dei boss mafiosi, ponendo fine alla "stagione stragista" in cambio di un'attenuazione delle misure detentive previste dall'articolo 41 bis, quello relativo al carcere duro (isolamento, sorveglianza del detenuto e contatti limitati con l’esterno), dopo che il pool di Palermo guidato da Giovanni Falcone aveva condannato centinaia di mafiosi, proprio in funzione delle nuove disposizioni carcerarie.
Il commento di Mancino dopo l'assoluzione – "Sono sollevato. Finisce la mia sofferenza anche se sono sempre stato convinto che a Palermo ci fosse un giudice. La sentenza è la conferma che sono stato vittima di un teorema che doveva mortificare lo Stato e un suo uomo che tale è stato ed è tuttora". Lo ha detto l'ex ministro dopo aver appreso dell'assoluzione.
Il pm Nino Di Matteo parla invece di una "sentenza storica" – Dice: "Ora abbiamo la certezza che la trattativa ci fu. La corte ha avuto la certezza e la consapevolezza che mentre in Italia esplodevano le bombe nel '92 e nel '93 qualche esponente dello Stato trattava con Cosa nostra e trasmetteva la minaccia di Cosa nostra ai governi in carica. E questo è un accertamento importantissimo, che credo renda un grosso contributo di chiarezza del contesto in cui sono avvenute le stragi.
Contesto criminale e purtroppo istituzionale e politico. Ci sono spunti per proseguire le indagini su quella stagione".
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